Una accesa discussione telefonica tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu, avvenuta il 28 luglio, ha acceso i riflettori sulla crisi umanitaria a Gaza. Secondo NBC News, che cita fonti americane e occidentali, la conversazione si è incentrata sull’emergenza alimentare nella Striscia, degenerando in un acceso confronto a seguito di una dichiarazione pubblica di Netanyahu che negava la presenza della fame a Gaza.
La reazione di Trump è stata immediata e veemente. Il presidente americano, secondo le ricostruzioni, avrebbe contestato duramente la versione di Netanyahu, presentando prove di malnutrizione infantile e casi di denutrizione grave. La chiamata, descritta come “a senso unico”, ha visto Trump parlare per la maggior parte del tempo, interrompendo Netanyahu che cercava di attribuire la situazione alla propaganda di Hamas.
La tensione tra i due leader si inserisce in un contesto di preoccupazioni già espresse dalla Casa Bianca riguardo all’efficacia del Gaza Humanitarian Fund, il fondo internazionale per gli aiuti umanitari a Gaza. L’amministrazione Trump, in seguito alla telefonata, ha inviato l’inviato speciale Steve Witkoff in Medio Oriente per rafforzare i meccanismi di distribuzione degli aiuti.
Nei giorni successivi, Trump ha ribadito l’impegno americano nella crisi, dichiarando in televisione che gli Stati Uniti stavano lavorando per garantire cibo alla popolazione di Gaza, con il supporto di Israele nella distribuzione e degli stati arabi nei finanziamenti. Ha inoltre specificato che erano stati raccolti 60 milioni di dollari per questo scopo.
Tuttavia, il presidente americano ha evitato di esprimere posizioni nette sul futuro politico e militare di Gaza, limitandosi ad affermare che l’obiettivo principale degli Stati Uniti è quello di sfamare la popolazione, lasciando le decisioni strategiche ad Israele. L’episodio evidenzia le profonde divergenze di opinione sulla gestione della crisi umanitaria a Gaza e le tensioni tra Stati Uniti e Israele su questo tema cruciale.