Una donna di 44 anni, affetta da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), residente in Campania, si è vista negare la possibilità di accedere al suicidio medicalmente assistito dalla propria ASL. La notizia è stata diffusa dall’Associazione Luca Coscioni, che ha specificato che si tratta del terzo caso di diniego in regione. La donna, che ha preferito mantenere l’anonimato usando il nome di Coletta, si dichiara consapevole, lucida e determinata nella sua scelta.
Coletta ha presentato ricorso al tribunale di Napoli, contestando la decisione dell’ASL che, a suo dire, ignora sia le sue condizioni di salute che la sua volontà. In caso di mancato accoglimento del ricorso, Coletta ha dichiarato di prendere in considerazione l’opzione di recarsi in Svizzera per ottenere il suicidio assistito, lamentando l’impossibilità di accedere a una scelta legalmente garantita nel proprio Paese.
Il rifiuto dell’ASL ha spinto Coletta a richiedere una rivalutazione del suo caso e la trasmissione del parere del comitato etico, richiesta rimasta senza risposta. L’avvocata Filomena Gallo, legale della donna e segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, ha definito il comportamento dell’ASL “sconcertante e inumano”, in contrasto con le sentenze della Corte Costituzionale. Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, ha inoltre sottolineato il blocco, da parte del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, della proposta di legge regionale sul fine vita, depositata oltre un anno fa.
Il caso di Coletta arriva a pochi giorni dalla morte di Martina Oppelli, affetta da sclerosi multipla progressiva, che ha scelto il suicidio assistito in Svizzera dopo tre dinieghi da parte dell’ASL italiana. A differenza di Coletta, Martina aveva ottenuto una sentenza favorevole, ma questa non è stata applicata. Il caso di Laura Santi, invece, rappresenta un esempio diverso: giornalista perugina affetta da sclerosi multipla avanzata, ha ottenuto il via libera per il suicidio medicalmente assistito tramite il tribunale, dopo il rifiuto iniziale della Usl umbra, morendo poi nel luglio 2023.
Questi casi evidenziano le difficoltà di accesso al suicidio medicalmente assistito in Italia, nonostante le sentenze della Corte Costituzionale, e sollecitano una riflessione sulla legislazione in materia di fine vita e sulle responsabilità istituzionali nel garantire il rispetto della volontà dei pazienti in situazioni terminali. La disparità di trattamento tra le diverse regioni italiane e le lunghe battaglie legali necessarie per ottenere il diritto a una morte dignitosa restano temi di forte dibattito.