Uno stabilimento balneare di Milano Marittima, il Bicio Papao, ha scatenato una bufera mediatica per la sua politica ‘Child Free’. Il gestore, Walter Meoni, difende la scelta di non accettare bambini sotto i 10 anni, motivandola con la volontà di offrire un ambiente tranquillo alla clientela adulta. Questa decisione, in vigore da 33 anni, ha portato alla denuncia di un padre di famiglia.
La famiglia modenese si è sentita rifiutata all’ingresso dello stabilimento. Il padre, Andrea Mussini, ha espresso la sua amarezza, denunciando l’accaduto ai carabinieri. Il sindaco di Cervia, Matteo Missiroli, e il Codacons hanno sottolineato l’illegalità di tale pratica, ricordando che gli esercenti non possono rifiutare servizi senza un motivo legittimo. Solo motivi di sicurezza o strutture specifiche per adulti possono giustificare simili restrizioni.
Intanto, esperti del settore si dividono. Mentre alcuni, come il psicoterapeuta Matteo Lancini, vedono nella scelta del gestore un sintomo di una società che fatica a dare spazio ai bambini, altri, come lo psichiatra Paolo Crepet, comprendono la necessità di spazi tranquilli per gli adulti, pur trovando il limite di età arbitrario. Il dibattito solleva domande sulla conciliazione tra il diritto al relax degli adulti e le esigenze delle famiglie.
La vicenda del Bicio Papao mette in luce un tema più ampio: come garantire spazi di serenità per tutti, adulti e bambini, senza discriminazioni? La questione evidenzia la necessità di un’attenta riflessione sulla gestione degli spazi pubblici e la convivenza civile in un contesto turistico affollato.