Uno stabilimento balneare di Milano Marittima ha vietato l’ingresso ai bambini sotto i dieci anni, scatenando polemiche. Una famiglia modenese, con un figlio di cinque anni, si è vista rifiutare l’accesso al ristorante dello stabilimento. Il padre ha dichiarato che il bambino è ben educato e non crea disturbo.
Il titolare dello stabilimento ha difeso la sua decisione, spiegando di voler garantire un ambiente tranquillo e rilassato per la clientela adulta. Ha precisato che si tratta di una scelta di target, non di avversione verso i bambini, e che in alcuni casi fa eccezioni. La politica dello stabilimento ha però suscitato forti critiche, anche da parte del sindaco di Cervia che l’ha definita inaccettabile.
Il caso ha riaperto il dibattito sui locali “childfree” in Italia. Sebbene la legge non vieti esplicitamente l’accesso ai minori in base alle preferenze del gestore, questo può comunque adottare regole interne di gestione dell’ambiente. La situazione è diversa all’estero, dove esistono realtà dichiaratamente “childfree”, ma anche in Francia si discute sulla necessità di una legge per regolamentare tali spazi.
La vicenda solleva interrogativi sull’equilibrio tra il diritto di accesso dei minori ai luoghi pubblici e la libertà di gestione delle attività commerciali. La discussione si concentra sulla liceità di politiche che escludono un’intera fascia di popolazione, aprendo un dibattito etico e sociale.