Una donna di 66 anni, di origine nordafricana, è stata denunciata dalla Guardia di Finanza di Ravenna per truffa aggravata ai danni dello Stato. L’accusa: aver incassato per dieci anni la pensione di vecchiaia della madre, deceduta in Italia e successivamente rimpatriata in Marocco. L’importo complessivo della truffa ammonta a circa 120.000 euro.
Secondo le indagini, dopo la morte della madre, avvenuta dieci anni prima, la figlia non ha comunicato il decesso all’INPS. In vita, la madre ritirava personalmente la pensione presso gli sportelli dell’Istituto. Dopo la sua scomparsa, la figlia avrebbe continuato a presentarsi al posto della madre, fornendo false attestazioni e convincendo i funzionari della regolarità della situazione. I pagamenti avvenivano su un conto corrente cointestato a madre e figlia, rimasto attivo anche dopo il decesso.
La truffa è durata per un decennio senza destare sospetti, fino a quando i funzionari dell’INPS hanno iniziato a nutrire dubbi sull’assenza di notizie dirette dalla pensionata. La regolarità delle richieste di riscossione da parte della figlia, in assenza di qualsiasi contatto con la presunta beneficiaria, ha insospettito gli impiegati, portando alla segnalazione alle autorità.
Le successive indagini della Guardia di Finanza hanno confermato le irregolarità, accertando la presentazione di false certificazioni che attestavano la vita della madre. Oltre all’ingente somma di denaro, pari a 120.000 euro, sequestrata come provento dell’attività illecita, è stata sottoposta a sequestro anche una Mercedes intestata alla 66enne.
La donna dovrà ora rispondere all’accusa di truffa aggravata, con la prospettiva di un processo che accerterà la sua responsabilità e determinerà le conseguenze legali del suo operato. Il caso evidenzia le vulnerabilità del sistema di controllo delle pensioni e l’importanza di segnalare tempestivamente eventuali irregolarità.
La vicenda solleva anche interrogativi sulla possibile carenza di controlli incrociati da parte dell’INPS, che avrebbero potuto prevenire la truffa. L’utilizzo di un conto cointestato, pur non essendo illegale di per sé, ha facilitato la realizzazione del reato.