Una dottoressa è stata licenziata per aver insultato il suo capo chiamandolo “leccaculo”. La Cassazione ha confermato il licenziamento, ritenendo l’offesa di “notevole gravità” e lesiva del rapporto fiduciario.
Il fatto risale al 2018. La dottoressa, dipendente dell’Associazione italiana assistenza spastici (Aias), si rifiutò di eseguire un compito assegnatole e insultò il superiore in presenza di una collega. Il licenziamento, inizialmente ritenuto illegittimo, è stato poi confermato dalla Corte d’Appello e infine dalla Cassazione.
I giudici hanno sottolineato la gravità dell’insulto, definito come “insubordinazione qualificata dall’ingiuria e dal rifiuto di adempiere a una direttiva”, accentuata dalla presenza di una testimone. La giustificazione della dottoressa, basata su un periodo di insoddisfazione lavorativa e fragilità psicologica, non è stata ritenuta sufficiente a giustificare la sua condotta.
La Cassazione ha stabilito che una condotta di tale gravità è idonea a ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, indipendentemente da eventuali condizioni personali del dipendente. La sentenza fa riferimento anche a precedenti episodi di insulti da parte della dottoressa, ulteriormente peggiorando la situazione.