Martina Strazzer, influencer e fondatrice del brand di gioielli Amabile, ha recentemente visto la sua immagine pubblica danneggiata da una controversia sul licenziamento di una dipendente. Nel novembre 2024, Strazzer aveva condiviso sui social media l’assunzione di Sara, una contabile incinta al quarto mese, presentandola come un esempio di inclusività aziendale. Il video divenne virale, generando un’immagine positiva del brand.
Otto mesi dopo, il contratto a tempo determinato di Sara non è stato rinnovato. Secondo la testimonianza di Sara, raccolta dalla newsletter Ma che, davvero?, le erano state fatte promesse di stabilizzazione non formalizzate. Nonostante la sua disponibilità e il suo impegno, anche dopo il parto, Sara è stata informata del mancato rinnovo del contratto, motivato da presunte mancanze nel suo lavoro, senza però ricevere dettagli specifici.
Legalmente, la decisione di Amabile è legittima, in quanto la legge italiana non vieta di non rinnovare un contratto a termine a una lavoratrice in maternità. Tuttavia, la vicenda ha sollevato un dibattito pubblico sulla coerenza tra l’immagine socialmente responsabile costruita da Amabile e le sue effettive pratiche aziendali. La narrazione iniziale, focalizzata sull’inclusività, ha creato aspettative positive poi disattese.
La notizia ha generato una significativa reazione negativa sui social media, con numerosi commenti che criticano sia Strazzer che Amabile per la mancanza di trasparenza e per la contraddizione tra la comunicazione online e la realtà. Sui profili social dell’azienda, solitamente molto attivi, non si sono registrate risposte alle numerose richieste di chiarimenti.
Il caso solleva interrogativi importanti sul rapporto tra employer branding e realtà aziendale, sull’utilizzo dei social media per costruire un’immagine pubblica e sulla gestione delle aspettative dei dipendenti. La vicenda di Sara evidenzia la complessità di conciliare la comunicazione di valori inclusivi con le decisioni concrete prese all’interno di un’azienda.
La storia di Sara e Amabile rappresenta un caso emblematico che mette in luce le potenziali contraddizioni tra la rappresentazione pubblica di un’azienda e le sue prassi interne.
Ovviamente Sara – la dipendente incinta di #Amabile di cui @CharlyMatt ha raccontato la storia – era un’ottima operazione di employer branding portata avanti da perfetti dilettanti allo sbaraglio. L’ennesimo monito da chi pensa che diventare imprenditori grazie ai social sia… pic.twitter.com/cmwVUDlZmz
— Fran Altomare (@FranAltomare) August 13, 2025
La mancanza di trasparenza da parte di Amabile ha ulteriormente alimentato le critiche e il dibattito sui social media, con numerosi utenti che esprimono la loro delusione e la loro disapprovazione.