Makka Sulaev, 20 anni, è stata condannata a nove anni e quattro mesi per l’omicidio del padre, avvenuto a Nizza Monferrato nel marzo 2024. La sentenza, emessa a maggio 2025, considera l’azione di Makka come il frutto di disperazione e inesperienza, dettata dal desiderio di proteggere la madre dalle violenze del padre.
Secondo i giudici, Makka ha agito per eliminare la possibilità di ulteriori aggressioni, usando un coltello acquistato appositamente. Nonostante la descrizione del clima di terrore familiare fornita dalla giovane durante il processo, la legittima difesa è stata esclusa. La corte ha sottolineato che Makka avrebbe potuto chiamare le forze dell’ordine e che il secondo colpo inferto al padre è stato intenzionale, mirato ad assicurarsi la sua morte.
L’avvocato di Makka contesta la sentenza, sostenendo che le motivazioni non considerano adeguatamente il contesto di violenza in cui la giovane è cresciuta. L’interpretazione di un testo scritto da Makka prima dell’omicidio, considerato dalla corte come una manifestazione di volontà, è ritenuto dall’avvocato come semplice espressione della paura vissuta dalla ragazza.
Il caso solleva interrogativi sulla valutazione della legittima difesa in situazioni di violenza domestica e sul peso del contesto familiare nella determinazione della pena. La sentenza ha suscitato un ampio dibattito pubblico sulla complessità del femminicidio e sulle sue cause.