Hayat Fatimi, 46enne cuoca del ristorante Bodà Steakhouse di Foggia, è stata uccisa a coltellate nella notte tra il 6 e il 7 agosto dal suo ex compagno, Tariq El Mefedel, arrestato successivamente a Roma. La tragedia ha sollevato interrogativi sulla gestione del caso da parte delle forze dell’ordine, in particolare sulla mancata applicazione di una misura cautelare e di un braccialetto elettronico nei confronti dell’uomo, nonostante le ripetute denunce della vittima per stalking e minacce.
Gianfranco Abazia, titolare del ristorante dove Hayat lavorava da circa un anno e mezzo, ha rilasciato dichiarazioni al Corriere della Sera, esprimendo profonda rabbia e incredulità per quanto accaduto. Abazia ha sottolineato come la situazione fosse nota a molti: l’ex compagno pubblicava sui social media immagini di Hayat con tanto di didascalie che sembravano annunciare la sua morte, un chiaro segnale di pericolo ignorato. “Tutti sapevano che Hayat era in pericolo”, ha dichiarato Abazia, evidenziando le ripetute minacce subite dalla donna, anche dopo la denuncia.
Nonostante le segnalazioni e la paura di Hayat, che spesso chiamava le forze dell’ordine per essere scortata a casa, le misure protettive si sono rivelate insufficienti. Abazia racconta di come Hayat, in una occasione, si sia sentita male presso la Questura dopo aver denunciato l’ex compagno, e come le forze dell’ordine abbiano successivamente contattato il ristorante per accertarsi delle sue condizioni. Questo episodio, secondo Abazia, dimostra la consapevolezza del pericolo, ma anche l’inefficacia delle azioni intraprese per proteggere la vittima.
La domanda che tormenta Abazia, e che pone in evidenza una grave lacuna nel sistema di protezione delle vittime di violenza domestica, è: perché Tariq El Mefedel non è stato fermato prima? L’uomo, infatti, si aggirava quotidianamente davanti all’abitazione di Hayat, un fatto noto sia ai vicini che alle forze dell’ordine. L’arresto a Roma, avvenuto solo dopo l’omicidio, lascia un senso di impotenza e frustrazione, alimentando la convinzione che la tragedia si sarebbe potuta evitare con un intervento tempestivo ed efficace.
La morte di Hayat Fatimi rappresenta un drammatico esempio di femminicidio, sottolineando la necessità di una maggiore attenzione e di un miglioramento dei protocolli di sicurezza per proteggere le donne vittime di violenza domestica. La testimonianza del datore di lavoro evidenzia lacune nel sistema di protezione e solleva interrogativi sulla responsabilità delle istituzioni nel garantire la sicurezza delle vittime.