Federica Sciarelli, volto noto del programma Rai “Chi l’ha visto?”, racconta la sua esperienza ventennale nel mondo del giornalismo investigativo. L’intervista rilasciata al settimanale “7 del Corriere della Sera” svela un lato inedito della conduttrice, mostrando il suo impegno costante e la capacità di bilanciare la pesantezza dei casi trattati con la sua vita personale.
Sciarelli sottolinea l’importanza di staccare dal lavoro, che spesso la vede impegnata fino a pochi minuti prima della diretta. Descrive il suo approccio alla cronaca nera come un’immersione totale, pur riconoscendo che un’ossessione eccessiva può essere dannosa. “Persino quando porto giù il cane mi chiedono che cosa penso del caso di Garlasco. Ma non è sano pensare dalla mattina alla sera agli omicidi”, afferma, evidenziando l’equilibrio necessario per affrontare temi così delicati.
Il percorso professionale di Sciarelli è costellato di tappe significative. Dagli inizi al Senato, descritti come “una noia mortale”, al Tg3, dove ha trovato la sua vera vocazione. Ricorda con ironia le perplessità del padre sulla sua scelta di carriera: “Vuoi lasciare un posto d’oro per fare il giullare?”, le disse. La svolta arriva con “Chi l’ha visto?”, un programma che inizialmente credeva di condurre solo per un paio d’anni, ma che è diventato una parte fondamentale della sua vita.
Sciarelli ha contribuito a dare al programma una forte identità, diventando un punto di riferimento per le famiglie di persone scomparse. Il programma non si limita solo a presentare casi, ma si impegna attivamente per sollecitare le istituzioni e promuovere cambiamenti legislativi, come testimonia la partecipazione in Parlamento per il disegno di legge sugli scomparsi. L’impegno è evidente anche nei casi più noti, come quello di Elisa Claps, dove Sciarelli ha combattuto contro scetticismi e querele, o nel caso Orlandi, sottolineando la necessità di un intervento da parte del Vaticano.
La conduttrice descrive l’intensità emotiva del suo lavoro, il contatto con famiglie distrutte dal dolore, la necessità di trovare un equilibrio tra empatia e professionalità. L’incontro con i parenti prima della diretta, pur nella sofferenza, è sempre un momento in cui cerca di strappar loro una risata, per ricordare che la vita va avanti. “Abituarsi al male è la vera sconfitta”, afferma, ribadendo la sua indignazione di fronte alle ingiustizie. L’equilibrio, fuori dal lavoro, lo ritrova nello sport, in particolare nella bicicletta, un modo per staccare e ricaricarsi.
Sciarelli conclude sottolineando la sua scelta di non far mai chiudere completamente il programma, anche in vacanza, perché “uno, che già ha la disgrazia di scomparire, se sparisce in estate è disgraziato due volte”. Una testimonianza di impegno continuo e di una profonda dedizione al suo lavoro e alle persone che aiuta.